La masseria

logo

masseria-cuccia-storica

La masseria, immersa nello straordinario paesaggio delle Madonie, risale al periodo tra la fine del XVIII e l’inizio del  XIX secolo, costituendo per molto tempo l’espressione di un’agricoltura estensiva basata sul latifondo e divenendo, dopo l’avvento della riforma agraria, una piccola proprietà contadina sapientemente resa fertile dal lavoro cinquantennale dei Fratelli Cuccia, simbolo di infaticabile devozione verso la loro terra.

 

STORIA DELLE MASSERIE NELLE MADONIE

Le campagne siciliane presentano condizioni biologiche, climatiche e geologiche particolarmente favorevoli allo sviluppo di colture ed allevamenti. Per secoli la storia isolana è stata un continuo alternarsi di crescita dei centri costieri, in seguito all’abbandono delle campagne, e di un ritorno alle terre dell’interno sotto la spinta di forti incentivi governativi. Decine di paesi sono nati e cresciuti in seguito a concessioni programmate da alcuni regnanti, come Carlo V, coscienti del valore dello sfruttamento terriero.

dscn6552

Le fondamentali attività delle popolazioni delle Madonie furono agricoltura e pastorizia. Alcuni potenti uomini divennero padroni di queste terre, al volgere del nuovo millennio, dopo aver prestato servizio militare per i sovrani che ancora combattevano i saraceni. Ad esempio i Ventimiglia, marchesi di Geraci, conquistarono pezzo dopo pezzo i feudi attorno a Castelbuono, Isnello, Petralia, Gangi, Polizzi, fino a Sperlinga. La ricchezza della zona, anche se per pochi privilegiati, è testimoniata dalla presenza di una produzione artistica di alto livello.

foto-1

Forse proprio la presenza dei grandi potentati ha frenato nelle Madonie lo sviluppo di quelle città di nuova fondazione che nei secoli XVI e XVII generarono profonde trasformazioni territoriali, ed ha consentito, invece, il disseminarsi nel territorio di una grande quantità di Massaie. Qui erano affidate la direzione e la conduzione di quelle strutture che proprio da esse presero il nome: le Masserie. A volte semplici costruzioni rurali, a volte edifici articolati e complessi, sorti intorno ad uno o più cortili interni in anni ed anni. A volte isolate orgogliosamente nel feudo o cresciute fino a diventare veri e propri borghi, spesso rese più austere dalla contigua presenza di una chiesa o di una cappella.

foto-2

Le masserie sono elemento tipico della storia del sud, fin dai tempi di Federico II. La masseria è manifestazione non tanto del lavoro, quanto del capitale, ossia della proprietà che dirige la produzione. Essa era il centro organizzativo dell’attività agricola, vi si accentrava il raccolto, vi poteva trovare ricovero il contadino salariato la cui abitazione era troppo distante per permettergli il pendolarismo. Vi abitava, a volte, anche il proprietario, ricco feudatario di antiche origini, o gabellotto di recente agiatezza. In essa, spesso, si fermavano durante la notte i greggi transumanti.

L’azienda agricola nota come “Masseria” sembra avere origini molto antiche. Già in documenti dell’epoca federiciana datati intorno al 1200, ricorre la dizione “Magistri massai”, ad indicare coloro ai quali era affidata l’organizzazione del lavoro. In quei tempi i patrimoni demaniali non erano stati intaccati dalle concessioni che i futuri regnanti avrebbero elargito in cambio dei tanto richiesti servizi militari e le masserie, in tutta l’Italia meridionale, erano un vero cardine economico per il regno.

In seguito subentrarono i proprietari privati a gestire i grandi feudi, che alle fortune di alcune potenti famiglie resteranno per secoli legati. Così come per secoli generazioni di contadini, allora chiamati villani, curarono le immense distese di grano che, una volta raccolto, veniva trasportato dai cordonari, a dorso di mulo, verso i depositi dei centri costieri per l’esportazione. I villani era perlopiù salariati stagionali che abitavano nei vicini centri e la loro sopravvivenza era legata a tutte quelle attività che nel corso della storia formarono il patrimonio culturale del territorio.

dscn0033

Tra il XVI ed il XVII secolo l’Europa conobbe profonde trasformazioni, basate tra l’altro all’apertura di nuove terre e su nuovi e più moderni sistemi di coltivazione, spesso realizzati a scapito dei pascoli. Cominciano ad intravedersi in Europa i germi del capitalismo agrario. Tutto ciò in Sicilia tarderà a giungere, dato il permanere dei vecchi sistemi feudali di organizzazione dell’agricoltura. I centri di nuova fondazione sorti intorno a quegl’anni, avranno ancora e soprattutto le immense distese di grano come elemento cardine dell’economia. Gradualmente ad esso si affiancheranno gli ulivi, i mandorli, le vigne, i fichi d’India, gli alberi da frutta. Il territorio si andrà trasformando e con esso le masserie, che assumeranno, a volte, dimensioni notevoli.

Le masserie di maggiori dimensioni hanno una struttura piuttosto articolata. Esse si aggregano attorno ad una corte a cui si accede, di solito, per un ampio portone ad arco, dove era in uso che gli estranei deponessero le armi. Su di essa si affacciano gli ambienti usati per il lavoro, rivolti all’interno in una funzione funzionale: la stalla, il trappeto (luogo dove si estraeva l’olio con gli antichi frantoi), il pagliaro, il ripostiglio degli arnesi, i magazzini, tanto più numerosi quanto più grande era l’azienda. Intorno al cortile ci sono anche gli alloggi degli addetti, ognuno corrispondente alle varie mansioni e responsabilità del lavoro. La stanza del curatolo, colui che si occupava degli animali, che a volte era un piccolo appartamento, l’abitazione del massaro, le camere degli impiegati fissi, i dormitori per i salariati stagionali. Da una scala posta in un vano separato, si accede all’abitazione padronale. Questa è sempre la parte più alta della costruzione, spesso a forma di torre e la sua immagine austera non si limita a mascherare una funzione meramente abitativa, ma evoca atavici rapporti di dipendenza dell’impiegato dal massaro e di costui dal padrone delle terre. Tanto che, in certi casi, l’intera masseria si aggrega attorno ad una torre medioevale, che ancora di più segna il paesaggio della sua pregnanza storica.

foto-4

A volte, a questa complessa struttura, si aggrega all’esterno la “mandra”, ricovero degli animali tanto da allevamento che transumante. La forte compresenza di agricoltura e pastorizia è certamente uno degli elementi che maggiormente caratterizza e distingue la masseria tipica delle Madonie da quella di altre zone. Per secoli, tra queste montagne, non vi sono stati altri uomini fuorché i pastori, quindi è logico che nella masseria la pastorizia abbia un ruolo di prim’ordine.

In alcuni casi la masseria si aggrega in uno o più cortili ed uno di essi può assumere la forma di giardino delle delizie, che ci rimanda alla forte presenza islamica durante tutto il medioevo nell’interno della Sicilia.

Esistono, poi, strutture espressione di più modesta ricchezza, testimonianza di nuove forme di classi di proprietari, i gabellotti, che sebbene in ritardo rispetto ad altre zone d’Italia e d’Europa, già annunciavano la fine del feudalesimo. Sulle Madonie essi si diffusero parecchio, approfittando del lento declino dei baroni e della spartizione dei loro immensi territori.

foto-5

Le masserie disseminate un po’ ovunque in questo territorio, ci parlano di complessi e contraddittori rapporti tra contadini e pastori, di piramidali relazioni sociali tra i vari responsabili della produzione agricola feudale e di costoro con i proprietari. Ci parlano dei rapporti insondabili tra i nobili detentori della terra e la terra stessa, di cui spesso non comprendevano il reale valore.

Le Madonie, parte integrante di quella ossatura montuosa che attraverso le Caronie giunge alla grande emergenza dell’Etna, non sono semplicemente un territorio da proteggere per le proprie caratteristiche naturali. Esse portano in sé il segno della presenza millenaria dell’uomo, delle sue attività contraddittorie, delle sue battaglie, del suo lavoro. Le masserie sono solo uno tra questi storici segni.

foto-6

L’Ente Parco deve necessariamente tenere conto del fatto che queste montagne sono state profondamente antropizzate nei secoli e dovrà fare in modo che i chiari segni lasciati dall’uomo non diventino vuoti ruderi, ma si fissino concretamente quale memoria collettiva della storia di tutta una regione e possano nel tempo dare sempre nuovi elementi di riflessione a chiunque voglia guardare tra le pieghe della storia.